Frammenti di t_essere Palombella

Recentemente, ad una conferenza, il giornalista Domenico Quirico ha detto che gli unici veri viaggiatori rimasti sono i migranti, perché il viaggiare è scoprire, cercare è principalmente spostare un confine senza conoscerne l’esito. Questo l’atteggiamento che ho voluto avere nell’approccio al progetto “Palombellissima!”: partire, conoscere ed intrecciare il conosciuto, dando spazio a ciò che andavo ad incontrare, una città, Ancona, un quartiere, Palombella, delle persone, abitanti e non del quartiere.

Gigi Piana, foto di Alessio Ballerini

Un quartiere che negli anni ha subito enormi mutamenti, dovuti alla guerra, ad eventi climatici, terremoti, smottamenti, all’arrivo di nuovi residenti provenienti da terre straniere, all’avanzare di esigenze che non hanno compreso le necessità dell’abitare di un lembo di terra stretta da un lato da una collina argillosa instabile e dall’altro da una ferrovia e da una strada (Via Flaminia) che sono divenuti sempre più incombenti, determinanti, confini che hanno isolato – fisicamente e metaforicamente – un luogo creando un’ “assenza prospettica”.

Per prepararmi al progetto ho utilizzato un approccio graduale.
Sono venuto ad Ancona una prima volta ad agosto, ho camminato le vie del quartiere e della città, ho iniziato ad ascoltare voci, rumori, di Palombella e del suo contesto, applicando quel metodo antropologico che connota la mia ricerca – basata in questo caso principalmente sulle tesi di Franco La Cecla in PerdersiMente locale. Per un’antropologia dell’abitare – e svolgendo un esercizio mentale e fisico che ripeto ossessivamente in ogni luogo in cui mi trovo: il “perdersi”, esigenza personale che implica il ritrovarsi, per ricreare costantemente la propria “mente locale”, i cardini mobili dell’abitare con consapevolezza continuamente rinnovata. Perché è l’abitudine del percorrere anche luoghi abituali che crea uno scontato mentale che diviene il non reale che si vive, un cristallizzato che non tiene più conto dei piccoli e grandi cambiamenti.

La conoscenza del luogo e delle persone che lo hanno abitato e lo abitano, sono confluite nel laboratorio che ho condotto, basato sulla trasmissione ai partecipanti di una tecnica che è divenuta, negli anni, la mia cifra stilistica, ovvero quella di intrecciare due o più fotografie per creare un discorso, in questo caso mi interessava abbinare persone e luoghi.

Il progetto mi ha dato la possibilità di usufruire delle informazioni dei laboratori precedenti e da lì è partita l’individuazione dei luoghi e delle persone che i partecipanti ed io avremmo intrecciato – presente e passato per guardare avanti, comprendendo le esigenze, le necessità, le urgenze di un quartiere che urla il desiderio di riscoprire la propria identità.

La partecipazione degli iscritti al laboratorio è stata straordinaria. Abbiamo cercato, riuscendoci, di costituire un gruppo, con cui abbiamo dapprima appreso la tecnica con cui si sarebbero realizzati i lavori finali, e poi individuato per affinità, luoghi e persone, scoprendo le storie che avremmo intrecciato.

Le passeggiate di quartiere – nella prima legati da un filo rosso, che fisicamente e simbolicamente doveva unire i nostri diversi punti di vista – e poi liberi di vedere, scattare fotogrammi, frammenti della Palombella impressi nei ricordi (passati e presenti) dei residenti che abbiamo abbinato ai luoghi, facendo la loro conoscenza, sia in gruppo che con dialoghi individuali, un percorso di conoscenza delle storie, della storia di quel lembo di terra, perché è attraverso la coscienza del “patrimonio invisibile” che si definisce l’unicità e la ricchezza di un luogo.

Abbiamo seguito una logica, ognuno ha dato ciò che ha potuto, ognuno ha aiutato il resto del gruppo offrendo le sue capacità e competenze, avvicinandoci insieme ad un risultato finale che coinvolgesse tutti coloro che – intreccianti ed intrecciati – cercavano di fornire tessere di un mosaico per iniziare a decifrare un futuro, una nuova prospettiva.

Gigi Piana.

Scopri le opere prodotte dal laboratorio t_essere Palombella!

L’ascolto critico come metodo di indagine: Il suono della Palombella

Con il laboratorio “Il suono della Palombella” si è indagato il quartiere attraverso l’ascolto critico, orientato a ricostruire e restituire il paesaggio sonoro della Palombella e riflettere sulle evoluzioni che lo hanno caratterizzato nel corso del tempo.

Il processo di indagine, portato avanti in un’ottica tanto narrativa quanto emotiva, ha incrociato e sovrapposto suoni e rumori del contesto urbano di ieri e di oggi con frammenti di storie passate e presenti. Concepito come “traduzione sonora” della mappa emotiva del quartiere – costruita durante il workshop “Una mappa per Palombella” precedentemente svolto assieme ai residenti – il paesaggio sonoro è divenuto così uno strumento capace di veicolare la storia del quartiere, di rafforzare processi di empowerment di comunità e stimolare una riflessione circa il presente e le prospettive di trasformazione dell’area. 

La strategia di intervento si è dunque concentrata sul ricostruire e comparare il paesaggio sonoro della Palombella di ieri e di oggi, e sull’elaborazione di un paesaggio sonoro “immaginifico” della Palombella di domani, a partire da quello che i residenti hanno espresso quale “futuro desiderabile” per il loro quartiere.

Il paesaggio sonoro della Palombella di ieri si è ricostruito combinando suoni d’archivio, registrazioni di oggetti posseduti dai residenti (e in qualche modo “rappresentativi” della vita del quartiere negli anni ’50-’80) e interviste. L’identità sonora attuale del quartiere, ricostruita a partire da una serie di registrazioni audio effettuate nel quartiere e ai suoi margini (Marina Dorica, rupi di Posatora), restituisce un’analisi lucida e puntuale delle dinamiche di esclusione e marginalità che vive oggi la Palombella, e offre una chiave di lettura privilegiata per descrivere tali fenomeni e reinquadrarli in una prospettiva progettuale futura, innovativa, trasversale e condivisa dai suoi residenti.

Le tracce sonore risultanti dal laboratorio confluiranno in installazioni audio che saranno parte integrante di un percorso composito, che verrà presentato al pubblico in occasione del festival conclusivo del progetto Palombellissima!, in programma a febbraio 2020. 

Storie

Si è appena concluso il secondo ciclo del laboratorio Una mappa per Palombella denominato STORIE, nel quale si è cercato, attraverso il contributo di residenti ed ex residenti, di tessere le dinamiche di cambiamento che hanno attraversato e letteralmente travolto il quartiere negli ultimi 70 anni, ricucendo il legame profondo con il passato e con la vita comunitaria di un tempo.

A partire dalla mappa della Palombella “contemporanea”, risultato del precedente ciclo MAPPE, i partecipanti hanno disegnato il quartiere di un tempo, con le sue numerose botteghe artigiane, gli spazi aggregativi e produttivi, ricchi di aneddoti, storie e personaggi significativi.
In una duplice dimensione legata alla loro collocazione fisica e temporale, sono state raccolte importanti informazioni sui maggiori eventi (ambientali e storici) che hanno segnato l’attuale configurazione del quartiere e le sue dinamiche evolutive.

Attraverso le parole dei partecipanti è così progressivamente emersa la fotografia di una comunità vivace e coesa, che era solita riunirsi attorno a luoghi di aggregazione forti come l’oratorio, la spiaggia (un tempo direttamente accessibile dal quartiere), la pista da ballo nota come Scacco Rosso e la Casa del Popolo, vero pilastro sociale dell’area; che abitava un quartiere ricco di servizi e negozi di prossimità – i due forni, la scuola, gli spacci alimentari e la macelleria, l’ambulatorio medico e la farmacia, solo per citarne alcuni – e di artigiani, che si susseguivano lungo la Flaminia con le loro botteghe conosciute da tutti.
La storia del quartiere è costellata anche di cicatrici, indelebilmente impresse nella memoria collettiva; la guerra, il rovinoso terremoto del 1972 e, dieci anni dopo, la frana della Rupe che da Palombella risale verso Posatora, hanno trasformato la fisionomia dell’area, deviandone per sempre l’evoluzione urbana.

A conclusione del lavoro, tutti gli aneddoti e i personaggi emersi sono stati raggruppati in macro-ambiti tematici, riconosciuti dai partecipanti come significativi, e che saranno da spunto per i laboratori artistici di Palombellissima:
le storie del MONTE (la Rupe), le storie del MARE, le storie degli ARTIGIANI, le storie dell’AGGREGAZIONE, le storie del CAMBIAMENTO.

Ascoltare il quartiere

Per lavorare sull’identità della Palombella, abbiamo scelto di indagare anche le dinamiche dell’ambiente sonoro, utilizzando l’ascolto come metodo di ricerca.
Cosa possono dirci i suoni circa la storia e le trasformazioni che stanno caratterizzando il quartiere?

Il dibattito contemporaneo concepisce lo spazio come entità complessa, composta da elementi materiali e immateriali quali immagine, colore, luce, suono. Date le sue caratteristiche fisiche e simboliche, il suono, in particolare, si distingue come un parametro fortemente identitario, ragion per cui una lettura critica del paesaggio sonoro può contribuire a far emergere elementi utili nella comprensione delle geografie urbane e sociali.

Numerosi studi hanno messo in evidenza le trasformazioni del paesaggio sonoro nella città contemporanea, arricchitosi di nuove componenti come la presenza simultanea di più lingue, la rumorosità del traffico, la confusione dei mercati, che si contrappongono al paesaggio sonoro quieto dei centri storici e al silenzio delle aree agricole.

La complessità e la variabilità della sonorità urbana contemporanea offrono spunti molteplici alle pratiche progettuali interessate ad indagare le connessioni tra ambiente sonoro e questioni urbane e territoriali, come il divario centro-periferie, e ad utilizzare la pratica dell’ascolto per ricercare le cause “sonore” di questioni come lo spopolamento, la gentrificazione, i conflitti identitari e, più in generale, la qualità dello spazio pubblico.

E’ a partire da queste riflessioni che abbiamo pensato di inserire nel programma di Palombellissima! il laboratorio “Il suono della Palombella”, curato dal sound designer Alessio Ballerini, in programma a dicembre. Il laboratorio si basa sulla ricerca degli elementi acustici identitari del quartiere, attraverso la raccolta di testimonianze orali e l’ascolto dell’ambiente sonoro che lo caratterizza. I frammenti sonori raccolti saranno utilizzati dai partecipanti per comporre delle soundscape composition, che confluiranno in una più ampia mappatura acustica della Palombella, da presentare in occasione del festival in programma a febbraio 2020, che possa servire come forza positiva in grado di orientare forme di rinnovamento sociale.

L’attività si intreccia con il precedente workshop di mappatura partecipata svolta con i residenti, che ha contribuito ad identificare le caratteristiche acustiche peculiari della Palombella di ieri e di oggi e quindi il progetto di paesaggio sonoro da costruire durante il laboratorio.

Per maggiori informazioni sul laboratorio “Il suono della Palombella” clicca qui!

Per una geografia emotiva dei luoghi

Lo scorso 28 settembre si è avviato il percorso laboratoriale, dedicato a residenti ed ex residenti della Palombella, che mira a realizzare una “mappa emotiva” del quartiere attraverso un’esperienza immersiva quale occasione di riflessione collettiva sulle specificità locali distintive del luogo in cui si abita.

“Una mappa per Palombella” – questo il nome del laboratorio – si compone di tre cicli di appuntamenti:
Mappe_disegniamo la Palombella com’è (28 settembre e 6 ottobre)
Storie_raccontiamo la Palombella com’era (19 e 27 ottobre)
Prospettive_immaginiamo la Palombella come sarà (9 e 17 novembre)

Il principale obiettivo del primo ciclo, MAPPE, è stato quello di rappresentare, sovrapponendole, le prospettive dei residenti sul contesto della Palombella, individuando i luoghi e gli edifici particolarmente significativi, le geografie dell’abbandono e del conflitto, gli spazi marginali e quelli dimenticati.

A partire da quello che è stato riconosciuto da tutti come il confine iniziale dell’area (via Flaminia), i partecipanti sono stati invitati a disegnare liberamente la mappa del quartiere, cercando di indicare tutti i luoghi che ricordano, che usano e che vivono senza necessariamente rappresentare fedelmente la geografia dei luoghi o la correttezza dimensionale degli immobili.
Durante le attività sono state raccolte informazioni preziose circa l’uso, la percezione e il valore intrinseco degli spazi urbani, dato dalla modalità con cui essi sono stati citati e descritti, e dall’osservazione postuma della mappa si sono affrontate riflessioni circa i luoghi, definiti marginali, che non sono stati indicati nella rappresentazione grafica del quartiere. 

A conclusione del primo ciclo di appuntamenti dedicati alla mappatura della Palombella com’è oggi, sono stati così individuati i 5 luoghi più rappresentativi del quartiere, che saranno oggetto di successive riflessioni, anche grazie ai laboratori artistici che Palombellissima ha in programma:
le rupi di Posatora, le archeologie industriali (ex Angelini e ex Birrificio Dreher), la Casa del Popolo, i bar, la chiesetta.

A spasso per la Palombella


Sabato 21 settembre una quarantina di residenti e i partner del progetto Palombellissima! Il mio quartiere superlativo si sono ritrovati presso Anconabox Self Storage e da lì sono partiti alla (ri)scoperta del quartiere Palombella di Ancona.

Si è avviato così il progetto Palombellissima!, che mira a conoscere e far conoscere un quartiere che ricorda la “scatola nera” della città – perché è qui che sono impressi i ricordi dei principali fatti storici che l’hanno caratterizzata ed è qui che si ritrova il suo DNA più autentico, costituito da valori quali senso di comunità, umiltà, tolleranza e antifascismo.

“In questo quartiere si faceva da mangiare e si divideva, ci si conosceva tutti. Eravamo la comunità della Palombella”

Paola P., residente storica del quartiere

Cosa significa essere una comunità, oggi?
Quali dispositivi, spontanei o indotti, aiutano le persone che vivono in un luogo a percepirsi e farsi comunità?

Come ci hanno raccontato i residenti durante la passeggiata, fino agli anni ’80 del secolo scorso alla Palombella si andava a scuola, si lavorava, ci si ritrovava. C’erano la chiesa, la farmacia, il campetto, il forno coi maritozzi e le pizze di formaggio, le feste e le gare sportive.

Poi con il tempo il quartiere ha cambiato volto. La frana, certo, ma anche interventi infrastrutturali pesanti, il piccolo commercio che chiude, i giovani che si trasferiscono altrove e, insomma, “oggi non è più com’era”.

Grazie alla passeggiata abbiamo però constatato quanto, nonostante tutto, il desiderio di comunità sia ancora lì, in chi è rimasto. Anche perché intanto, negli anni, sono arrivati residenti nuovi – spesso famiglie giovani provenienti da paesi lontani, portatrici di bisogni che il quartiere stava dimenticando – e allora magari la comunità si può ricostruire – certo, mancano punti di incontro e di ritrovo, ma “basterebbe poco“.

Basta poco, quando il cuore di un quartiere batte forte.
E quello della Palombella batte ancora fortissimo!

Le attività del progetto Palombellissima! proseguono con il laboratorio
UNA MAPPA PER PALOMBELLA:
tutti i palombellari di ieri e di oggi sono invitati a partecipare!